Antonella Pratesi Antichità

Antonella Pratesi Antichità Antiquariato, oggettistica, curiosità, bigiotteria vintage, giocattoli, vecchie decorazioni di Nata
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UN LUNA PARK DELLA MEMORIA Non l’ho conosciuta di persona, ma d’altra parte è raro che accada, e per me è senz’altro più...
27/10/2023

UN LUNA PARK DELLA MEMORIA

Non l’ho conosciuta di persona, ma d’altra parte è raro che accada, e per me è senz’altro più semplice così. Non l’ho conosciuta di persona, ma addentrandomi nella sua casa adesso silenziosa, tra credenze, armadi e cassetti stipati di oggetti, piano piano mi costruisco un’immagine mentale di lei. Il suo appartamento è bellissimo, molto grande e all’apparenza perfetto, di un ordine impeccabile, ma nasconde un segreto. Il segreto si rivela soprattutto nella vasta soffitta – eh sì, miei cari, ancora una soffitta – alla quale si accede come nelle migliori tradizioni attraverso una scala a chiocciola, e nel grande garage seminterrato. Non si può non essere sopraffatti dalle decine di pile e dalle centinaia di scatole accuratamente chiuse, scatole che contengono altre scatole, e ogni oggetto riposto con cura, incartato, legato, catalogato. Una muraglia di contenuti misteriosi quasi inaffrontabile, e ci vuole tempo e coraggio per venirne a capo e prendersi cura del suo segreto. Perché le scatole contengono tutto, letteralmente tutto. Ci sono scatole di pizzi, di nastri, di guanti, di spaghi, di vecchi interruttori, di fiori finti, e tu la immagini a riporre ogni nastro di ogni pacco sotto l’albero di Natale, a piegare le carte da regalo più belle, a staccare e conservare i fiori finti dalle bomboniere. Ci sono scatole di sassi, di frammenti, di conchiglie, di ricordi, di briciole di una vita. Spesso c’è sopra un cartellino, come nel sacchetto di “ghiaia del vialetto della casa del mare”. Ci sono tesori, misteri e rifiuti, come nella vita di ognuno: solo che lei li ha tenuti tutti, li ha salvati dal tempo, arginando il caos aiutata dall’abbondanza di spazio e dalla catalogazione ordinata che le dava un’apparenza di ordine. Me la immagino, adesso, figlia di una generazione che conosco bene: quella a metà tra la guerra e il benessere, abituata a far tesoro di ogni cosa ma poi sommersa dal boom economico, quando gli oggetti, gli utensili e i regali si sono moltiplicati iniziando ad invadere le abitazioni. Magari all’inizio lei, come le avevano insegnato, conservava perché “può ve**re utile”, e poi, poco a poco, la cosa le ha preso la mano ed ha cominciato a non riuscire a staccarsi più da niente. Ed è così che nel tempo la sua soffitta e il suo garage sono diventati un luna park della memoria: per i suoi figli, certo, ma adesso anche per noi, che possiamo rivivere emozioni dimenticate. Qui ci sono solo una parte dei giochi dei suoi bambini, riordinati, catalogati e messi via con grande precisione appena per loro avevano perso di interesse. Molti hanno ancora le scatole, a tanti non manca nemmeno un pezzo. Per chi li ha conservati? Per loro, per sé stessa, per noi? E’ una domanda senza risposta, perché semplicemente la signora era così: ordinava e catalogava la vita. Ma è grazie a lei che adesso possiamo vivere un’esperienza di memoria straordinaria: minuscoli soldatini Atlantic ancora con il loro plastico – chi non li ricorda? Erano tantissimi, semplicissimi e tutti di un colore, io ci giocavo al mare con un caro amico, facevamo battaglie infinite – e soldatini più grandi con i cow boys e gli indiani con le facce truci, perché nei primi anni ’70 erano ancora loro, i cattivi. Macchinine di metallo sbatacchiate per ogni dove nei corridoi di casa, poi le prime Hot Wheels, il secondo grande successo della Mattel dopo Barbie, che però in Italia, dove ci stimavano provinciali, erano state ribattezzate “Bruciapista”. La microguida in legno casalinga, a replicare quelle enormi e infernali dei bar, dove penso di aver fatto centro una sola, memorabile volta nella mia vita, e se non bastava la microguida a farci vivere le emozioni dei giochi da circolo c’era anche il flipper: questo in particolare con una grafica meravigliosa di sub e di surfisti californiani. E ancora: i giochi da fiera, i giochi in gomma, quelli che si vincevano alla pesca dei cigni quando ci portavano alle giostre, e che ci sembravano meravigliosi perché li avevamo conquistati da soli. Gli iconici ricci della Steiff, che chi era fortunato si portava a casa come ricordo delle vacanze in montagna, e le confezioni verdi dei primi Subbuteo acquistati da Dreoni, storico e impareggiabile negozio di giocattoli di Firenze, messe via con attenzione maniacale, perché non manca un pezzo, non un singolo dettaglio. Io a Subbuteo non ci giocavo perché non ho mai amato il calcio, ma ricordo che mio fratello ci andava matto, e che la mamma quando lo voleva punire gli toglieva il Subbuteo per poi, a punizione terminata, non ricordarsi più dove lo aveva nascosto. Ma trai tanti giochi ritrovati nelle scatole della soffitta, quello che mi ha entusiasmato di più, portando a galla un ricordo davvero sepolto dal tempo, è la scatola - davvero perfetta, tra l’altro – del Magic Robot, descritto come “ingenious, amazing, infallible” e addirittura “mystical”. Erano i tempi della fantascienza, dell’entusiasmo per la tecnologia e dei romanzi di Asimov, e giganteschi robot si sfidavano in epiche battaglie in film giapponesi dagli effetti speciali piuttosto ingenui. Il Magic Robot, frutto della grande fiducia nella scienza, sapeva tutto, e con la sua bacchetta di metallo forniva – e fornisce tutt’ora – la risposta giusta a qualunque quesito scritto sul tabellone. Non chiedetemi come funziona, perché non voglio saperlo: amo lo stupore della magia come se avessi ancora sette anni. E tutto quello che voglio trasmettervi, oggi, è questo: lo stupore di riprovare emozioni dimenticate attraverso un viaggio nel luna park della memoria che si è preservato grazie al segreto di una donna che non sapeva lasciare andare via il tempo, che ha cercato di chiuderlo nelle sue scatole legate strette con nastri e spaghi per consegnarlo a noi, intatto e vibrante. A Natale le dedicherò una vetrina, e sarà come entrare in un negozio di giocattoli di cinquanta o sessant’anni fa: perché per come ha saputo custodire il suo segreto d’amore per le cose, se lo merita davvero.

Buon fine settimana, amici miei, forse un’altra storia il prossimo venerdì, ma poi… grandi cambiamenti e sorprese in vista del Natale, ma state tranquilli che non sarete delusi!

Anche oggi iniziamo scintillando… orecchini lunghi in argento 925 e marcasite. Buona giornata a tutti! 🌸
25/10/2023

Anche oggi iniziamo scintillando… orecchini lunghi in argento 925 e marcasite. Buona giornata a tutti! 🌸

Nuovi arrivi… bracciale firmato Napier. Buon inizio settimana a tutti!
23/10/2023

Nuovi arrivi… bracciale firmato Napier. Buon inizio settimana a tutti!

SVUOTACANTINE“E’ faticoso… ““Sì, è faticoso preparare la roba, svegliarsi all’alba, caricare e scaricare la macchina. Po...
20/10/2023

SVUOTACANTINE

“E’ faticoso… “
“Sì, è faticoso preparare la roba, svegliarsi all’alba, caricare e scaricare la macchina. Poi però, se è una bella giornata come oggi, qui lungo l’Arno si sta bene. E’ un bel posto, verde, tranquillo.”
“Stamattina mi sono svegliata prima delle sei. Avrei una gran voglia di un caffè, ma il chiosco è ancora chiuso.”
“Una volta ogni tanto a me piace fare il mercato. Solo spero alla fine di dover ricaricare meno roba possibile… non è mica una questione di guadagno, è che devo svuotare in fretta casa della mamma, e non posso tenere tutto! Però mi dispiace buttare via, sono cose ancora buone che possono servire a qualcuno.”
“Guarda, se dipendesse da me, se fosse possibile, mi piacerebbe poter portare tutto in un posto pubblico, in un giardino, stendere la roba per terra e mettere un bel cartello: “Prendete quello che vi serve”. Perché lo spreco no, non lo sopporto proprio, mi da davvero fastidio”.

Se posso, non mi perdo mai uno svuota cantine, e questa è una delle ragioni. Ho colto al volo questo breve dialogo tra due amiche che avevano portato i loro oggetti da vendere mentre passeggiavo lungo l’Arno in una bella mattinata di ottobre, e ve lo riporto più o meno come l’ho sentito. Certo, per svegliarsi presto la domenica mattina e ve**re a frugare tra le mille mercanzie portate da tanti abitanti del quartiere ci vuole motivazione, e sotto sotto non manca mai la speranza di imbattersi nella “scoperta”, nell’oggetto speciale che fa ba***re il cuore. Ma anche se, com’è molto probabile, non farai il grande affare della tua vita, ne vale comunque la pena. Perché troverai lampade che hanno illuminato letture appassionanti fino a tarda notte o i compiti di qualche studente di molti anni fa, troverai orecchini e bracciali dimenticati nei cassetti da tempo immemorabile, e tra questi magari scoverai un bel bracciale d’argento di Brandimarte degli anni ’70, di quelli che oggi non si fanno più. Troverai regali di nozze mai davvero adoperati, e oggetti per la tavola negletti che hanno solo bisogno di un po’ di cura e di una bella lucidata per tornare a splendere. Troverai le linee e i materiali di altri tempi, troverai un piccolo mappamondo d’alluminio dove le nazioni e i confini sono tutti sbagliati, ed è bello per questo. Ti imbatterai in puntaspilli ricamati a mano, strani cucchiaini e una grande brocca che sembra solo un bell’oggetto di vetro colorato, e invece è un esemplare piuttosto raro di vetro all’uranio, da collezionisti. Ti imbatterai nella vita degli altri, a volte sentirai le loro storie, e sarai contento di aver contribuito a ridare vita alle cose dalle quali si devono separare. Sarai soddisfatto di aver colto un po’ di bellezza o di storia in mezzo al caos quando tornerai verso la macchina con le braccia piene di sacchi e pacchetti, curioso di andare a casa a ispezionare le tue ultime scoperte, i tuoi “tesori”.
I miei “tesori” dell’ultimo svuota cantine eccoli qui: ve li ho fotografati tutti, e oggi in didascalia metto anche i prezzi, come se fosse un mercato privato tra noi 😉. Spero di aver contribuito ad alleggerire il peso di qualche venditore, che tornerà a casa contento di non dover gettare via le sue cose e con qualche soldo in più. E se nella vostra città li organizzano, gli svuota cantine, cercate di farci un salto: perché è divertente, si incontrano persone e storie, e con un pizzico di fortuna si torna a casa con un tesoro inaspettato, un pezzo delle loro vite che adesso abiterà la nostra…
Buon fine settimana a tutti, amici miei, ci sentiamo il prossimo venerdì con un’altra storia!

UN LUNGO VIAGGIOSuccede con tanti oggetti, ma con le bambole succede anche di più. Perché gli oggetti li intravedi nasco...
13/10/2023

UN LUNGO VIAGGIO

Succede con tanti oggetti, ma con le bambole succede anche di più. Perché gli oggetti li intravedi nascosti su scaffali dimenticati, oppure li individui a un mercato in mezzo a un mucchio di ciarpame, e ti dici: questo è bello, o antico, oppure è divertente ed ha del potenziale, lo prenderò. Le bambole invece ti guardano, e so che quello sguardo vitreo inquieta tante persone, e non mi meraviglia: perché è uno sguardo potente, le bambole sono oggetti potenti che smuovono molte emozioni, angoscia, timore, tenerezza, pietà. E’ difficile che ti lascino del tutto indifferente.
Buttata sull’asfalto del parcheggio del BID di Bologna – un mercato per commercianti che comincia all’alba e si conclude in poche ore –, lei mi fissava. Era sporca, nuda, scotennata e soprattutto senza un avambraccio: un danno grave, davvero difficile da ripristinare. Per curiosità, ho chiesto il prezzo. Era davvero esagerato e me ne sono andata. Però continuavo a pensarci… continuavo a pensare a quello sguardo che sembrava chiedere aiuto, e mi sentivo stupida. Possono le cose chiedere aiuto? Per una mente razionale no, le cose sono manufatti, sono materie prime lavorate ed assemblate con uno scopo, possono avere maggiore o minor pregio, ma la questione finisce lì. Però se la mia mente fosse del tutto razionale io non sarei qui a scrivere su questa pagina: lo faccio per dare voce alle emozioni che mi muovono di fronte agli oggetti, e per condividerle con voi. E quindi, come già immaginate, sono tornata indietro. La bambola era ancora lì, con la sua muta domanda negli occhi. Ho trattato molto il prezzo – ma eravamo a fine mercato, non è stato difficile – l’ho messa in un sacchetto di carta e l’ho portata a casa.

In quel sacchetto di carta parcheggiato in un angolo del salotto la bambola è rimasta per mesi. Ogni tanto la guardavo, ma non sapevo cosa fare per lei. Trovare un avambraccio antico con tanto di mano destra identico al primo era una missione impossibile, quindi come ripararla? Era salva da un destino di perdita e distruzione definitiva, ma l’incuria continuava ad incombere su di lei, e lo sguardo muto era sempre lo stesso. Chiudevo il sacchetto con un sospiro e accantonavo il problema.

Poi un giorno le cose hanno iniziato a muoversi. Un caro amico mi ha suggerito di far realizzare il pezzo di avambraccio mancante da un tornitore di legno. E’ stato facile, e mi sono data della scema per non averci pensato prima. Restava il problema della mano, ma a quello ci avremmo pensato poi. Sono passati altri mesi di stallo, ma questo non è poi così strano: a certi progetti si lavora nel tempo, si aspetta il momento, l’occasione, l’ispirazione, perché per me restaurare bambole non è un lavoro, ma un piacere, un divertimento, uno spazio di gioco che lascio alla mia vita. Finalmente, in un giorno d’estate, ho avuto un’illuminazione: ho una scatola del dottor Frankenstein nella quale tengo tutti i pezzi di ricambio che possono servire, e trai vari corpicini di legno, le braccia e le gambe ammucchiate ero quasi certa di trovare una coppia di mani che facevano al caso mio. E avevo ragione, le avevo ed erano proprio della taglia giusta.
Da quel momento è iniziato il lavoro vero e proprio… ho assemblato la bambola, ridato colore al viso, trovato e montato la parrucca, riadattato con pazienza un vecchio abito, cucito biancheria e calzini. I dettagli a cui pensare sono tanti, ed è stato senza dubbio un lungo viaggio del quale potete vedere i passaggi e il risultato nelle immagini.

Qual è la morale di questa storia? A parte l’avervi raccontato un altro pezzo della mia vita, sinceramente non lo so neanch’io. Sì, ho salvato un oggetto antico che sarebbe andato distrutto e l’ho preservato per il futuro, ma questa in fondo è solo una scusa razionale per giustificare tutto il tempo che ci ho impiegato. Mi sto prendendo in giro. La verità è che dentro di me ho la sensazione di aver onorato una promessa, e che adesso, quando guardo la bambola e lei mi guarda, la muta richiesta d’aiuto non c’è più. Ho risposto alla sua domanda, e questo mi fa stare bene.

Buon fine settimana a tutti, cari amici, oggi mi sono permessa di divagare su uno dei temi che amo di più, ma avevo davvero voglia di condividere questa piccola avventura con voi! Ci sentiamo venerdì prossimo, con un’altra storia!

P. S. La bambola non è in vendita, ha già trovato la sua nuova casa ❤️

IL SENSO DI UNA SOFFITTANelle grandi città le soffitte non esistono quasi più. E’ una realtà inconfutabile: oggi lo spaz...
06/10/2023

IL SENSO DI UNA SOFFITTA

Nelle grandi città le soffitte non esistono quasi più. E’ una realtà inconfutabile: oggi lo spazio è troppo prezioso per concedersi il lusso di una soffitta. Le case, gli appartamenti hanno sgabuzzini e a volte garage o box seminterrati, ma l’atmosfera fiabesca di un sottotetto con la luce polverosa che filtra da un lucernario e tanti bauli chiusi nei quali immaginare mille meraviglie si è persa con il progresso, ed è un peccato, un peccato grave. La soffitta era lo spazio in più, quello nel quale conservare gli oggetti che non servono nella vita quotidiana, ma dai quali non siamo pronti a staccarci per mille motivi: per nostalgia, per affetto, perché “può sempre essere utile” – una scusa frequente e banale che si prende gioco della nostra difficoltà a separarci dalle cose – oppure semplicemente perché il nostro sguardo oltrepassa l’evidenza un po’ meschina dell’utilità e si ferma sulla bellezza di un oggetto che non può essere gettato trai rifiuti. Lo dico spesso ai visitatori del mio negozio, che io non vendo niente di utile, perché tra le centinaia di oggetti che lo affollano non c’è nulla che serva a soddisfare i bisogni primari: ma per come siamo fatti, sono proprio gli acquisti inutili, di qualunque entità siano, che ci sanno dare più gioia.
Non avere una soffitta ci impedisce di conservare, ci mette l’ansia di eliminare. A volte ci procura vero e proprio dolore e senso di colpa, perché magari la mamma ci teneva tanto, a quel cassettone, e noi dobbiamo affrettarci a svenderlo al primo robivecchi per liberare l’appartamento. Togliendoci quello spazio chiuso sotto il tetto, tra terra e cielo, ci hanno privato di una vera e propria “terra di mezzo”, uno di quei luoghi dell’anima che non si frequentano quotidianamente, ma nei quali rifugiarsi per ricordare, per sognare, per sottrarsi al mondo per qualche minuto: perché la fretta regna sulle nostre giornate, e la soffitta ha a che fare con la dimensione del tempo. La soffitta custodisce la storia e la mantiene intatta, e per fortuna c’è ancora chi ha il privilegio di averne una, e la sa onorare.

La signora gentile che qualche tempo fa mi ha portato in dono il tappo di vetro verde così significativo per la mia storia personale è tornata nel mio negozio con una scatola di cartone. Lei possiede una soffitta e la visita spesso, cercando tra gli oggetti dimenticati qualcosa a cui si possa dare una nuova vita. Abbiamo aperto la scatola insieme, e bene avvolte nella carta velina ho trovato sei meravigliose tazze in porcellana. Sono tutte diverse, tutte del settecento, tutte splendidamente dipinte a mano; cinque provengono dalla manifattura Ginori Doccia, una è di produzione mitteleuropea. Nessuna ha il suo piatto, e diverse sono più o meno gravemente danneggiate. La signora mi ha spiegato che appartenevano a sua suocera, e che è stata lei, in un momento imprecisato della sua esistenza, a riporle con cura in soffitta. Anni fa, quando l’antiquariato aveva prezzi diversi e una clientela di collezionisti, queste tazze sarebbero comunque andate a ruba in un istante. Oggi chi lo sa? Ma non è una questione che mi preoccupa. Preferisco lasciarmi incantare dalla porcellana finissima, dalla pittura sapiente e dai colori sgargianti dei fiori, preferisco pensare ai bo***ir o ai piccoli salotti di più di due secoli fa e alle persone che le hanno tenute in mano bevendo il caffè e conversando – non per niente il settecento è stato definito “la civiltà della conversazione”… E soprattutto, e con gratitudine, preferisco pensare all’anziana signora che sale le scale per andare in soffitta a preservare un pezzo di storia sapendo che la bellezza va molto oltre la perfezione, e a sua nuora che percorre la stessa strada con identico amore. Perché avere una soffitta è il primo passo ed è importante, ma non basta: senza sensibilità, gusto, passione e rispetto del tempo che passa lo spazio fiabesco della “terra di mezzo” torna ad essere un semplice sottotetto senza voce, che non può rivelare a nessuno i suoi segreti.

Buon fine settimana a tutti, e un grazie speciale alla signora gentile che con le sue sorprese continua ad alimentare la mia immaginazione… ci sentiamo venerdì prossimo, vi abbraccio!

Un po’ di design vintage… posacenere da tavola Gucci anni ‘70, ogni petalo del fiore è un piccolo posacenere. Buona gior...
03/10/2023

Un po’ di design vintage… posacenere da tavola Gucci anni ‘70, ogni petalo del fiore è un piccolo posacenere. Buona giornata a tutti! 🌸

OGGETTI SENZA VALORECi ho pensato a lungo, prima di scrivere questa storia, e sono stata molto in dubbio. Perché affront...
29/09/2023

OGGETTI SENZA VALORE

Ci ho pensato a lungo, prima di scrivere questa storia, e sono stata molto in dubbio. Perché affronta temi delicati, certo, perché non c’è non c’è nessun oggetto da raccontare e da vendere, ma soprattutto perché tocca argomenti molto personali. Se mi sono decisa, forse, è perché ne avevo bisogno, ma anche perché spesso ciò che ci sembra molto personale è in realtà davvero universale, e riguarda esperienze attraverso le quali siamo passati in tanti.
Alcuni di voi sanno che la primavera scorsa ho perso all’improvviso mio fratello: fratello da parte di madre, di undici anni più piccolo di me, avevo atteso la sua nascita con grande eccitazione, lavorando persino a maglia una sgangheratissima copertina a strisce bianche e rosse, storta e piena di punti saltati. L’ho amato da subito, da prima che nascesse: per me era anche il mio bambino, e tale è rimasto attraverso gli anni, finché le vicissitudini della vita non ci hanno separato. Da adolescente mio fratello è andato a vivere in un’altra città con suo padre e con gli altri due fratelli maschi che aveva da parte del padre, ambedue più grandi di lui. Lui era il piccolo di casa, per tutti, e poi d’un tratto a maggio non c’era più, e su questa parte della storia non indugerò oltre, come potete capire.

Arriviamo a settembre, quando mi ritrovo nell’altra città che conosco poco e nella quale mio fratello è rimasto a vivere il breve tratto di vita che gli è toccato. C’è da svolgere uno dei compiti più ingrati e dolorosi che possano capitare nella vita: aprire la porta di casa sua e decidere cosa fare di ciò che si è lasciato alle sp***e. Con me ci sono anche i suoi due fratelli. Con la luce di una giornata burrascosa che filtra dalle tapparelle alzate, ci aggiriamo silenziosi e attoniti per le quattro stanze dell’appartamento, ognuno sicuramente seguendo il filo dei suoi pensieri, ricostruendo i suoi ricordi, la sua personalissima narrazione di un affetto. Da bambini e da ragazzi eravamo molto uniti, per un periodo siamo stati una vera e propria famiglia allargata, ma nel tempo ci siamo persi di vista, e ognuno ha seguito la sua strada. Siamo diversi, abbiamo vissuto esperienze diverse e i rapporti non sono sempre stati facili, anzi. Sembrerebbe che non ci sia molto da dire, però poi accade qualcosa di inatteso. Ci sono gli oggetti.

Gli oggetti che abitano la casa di mio fratello adesso che lui non c’è più vengono da lontano, e sono i muti testimoni di un passato comune, il varco attraverso il quale si fa strada un flusso di parole. Un po’ per volta passiamo in rivista mobili, quadri e ricordi, ognuno aggiungendo un pezzo di antica vita condivisa, finché non ci fermiamo di fronte a due bottiglie, una di vetro verde e una di vetro rosso, appoggiate su un cassettone. A tutte e due manca il tappo.
“Queste bottiglie hanno una storia! “ comincio io “ Ricordo benissimo il giorno in cui nostro fratello ha rotto il tappo. Avrà avuto sette o otto anni, ed era fissato con il pallone. La mamma gli aveva proibito di giocare in casa con qualunque tipo di palla ma lui non riusciva a farne a meno, e un giorno, giocando in corridoio con un palloncino, ha preso in pieno il tappo di una delle due bottiglie e l’ha mandato in frantumi. Era disperato! Sapeva che la mamma ci teneva moltissimo e che si sarebbe infuriata, e fece una scenata incredibile, minacciando addirittura di scappare da casa. Quando ci si metteva, aveva veramente una vena melodrammatica, lo prendevo sempre in giro per questo…”
“E’ vero! “ interviene uno dei due fratelli “Me lo ricordo anch’io! Adesso però manca anche l’altro tappo delle due bottiglie, chissà che fine ha fatto…”
Mi soffermo un attimo a guardare le due bottiglie decapitate, con affetto, con tristezza e con nostalgia:
“Così non hanno nessun valore. Ma non ce la faccio a buttarle via.”
L’altro fratello non mi guarda, continua a fissare quei due vetri inutilmente sfaccettati e colorati e poi sospira:
“Neanch’io”.

E adesso facciamo un salto in avanti di un paio di giorni, e torniamo a Firenze. E’ sabato, sono in negozio e c’è un discreto via vai. Sto finendo di occuparmi di un cliente quando noto con la coda dell’occhio una signora che è appena entrata e mi rivolgo a lei dicendole, come faccio sempre, che se ha bisogno di me sono a sua disposizione.
“Sì “ mi risponde lei cogliendomi di sorpresa “ in realtà sono venuta per conoscerla”.
E’ per via delle storie che pubblico qui. Questo interesse mi lusinga, ma soprattutto mi stupisce, perché ancora non riesco a credere che intorno a me ci sia una piccola comunità di persone che si appassiona a quello che scrivo. Scambiamo qualche parola, poi la signora gentile tira fuori dalla borsa un piccolo involto e me lo porge:
“Le ho portato un regalo. Spero che le possa servire “.
Accuratamente incartato nella carta velina, c’è un tappo da bottiglia di vetro verde.

Chi ci muove a compiere certe azioni? Che cosa fa sì che qualcuno che non mi conosce mi porti proprio il pezzo che manca, e non perché la bottiglia sia completa, ma perché io possa sentire, o almeno sperare dentro di me, che il danno sia riparato, che in un’altra dimensione ogni cosa sia finalmente al suo posto e tutto abbia un senso? E’ una domanda retorica, perché nessuno ha una risposta certa a questi interrogativi. Tutto ciò che io posso dire a me stessa è che ancora una volta gli oggetti, a modo loro, hanno sussurrato, e hanno trovato la strada per consegnare il loro messaggio. E che a volte sono proprio le cose senza valore a risplendere di più, arrivando dritte al cuore.

Buon fine settimana a tutti, amici miei che siete veramente speciali, ci sentiamo il prossimo venerdì con la storia che la vita porterà sulla mia strada!

Cerbiatti, ceramica di Guido Cacciapuoti, Milano anni ‘30. Buongiorno a tutti con questo piccolo pezzo d’arte! 🌞
28/09/2023

Cerbiatti, ceramica di Guido Cacciapuoti, Milano anni ‘30. Buongiorno a tutti con questo piccolo pezzo d’arte! 🌞

Puntaspilli con spillone da cappello multicolore. La piccola farfalla di metallo smaltato è fissata alla stoffa solo da ...
25/09/2023

Puntaspilli con spillone da cappello multicolore. La piccola farfalla di metallo smaltato è fissata alla stoffa solo da un lato, e sembra danzare trai fiori. Un piccolo oggetto delicato per augurarvi buon inizio settimana!

PIERROT GOURMAND E UN TUFFO NELL’INFANZIAFino all’ultimo momento non sono stata sicura di riuscire a regalarvi la storia...
22/09/2023

PIERROT GOURMAND E UN TUFFO NELL’INFANZIA

Fino all’ultimo momento non sono stata sicura di riuscire a regalarvi la storia di questo venerdì, e infatti questa non sarà una storia come le altre: un po’ più breve – e qualcuno ne sarà contento 😉 – ma illustrata da un oggetto così allegro e poetico da non aver bisogno di molte spiegazioni. Normalmente di venerdì mi prendo il giorno libero per potervi raccontare qualcosa in tutta tranquillità, ma questa volta non è stato possibile: la vita mi ha portato altrove, così come fa la vita, e adesso vi sto scrivendo quasi in presa diretta, tra un cliente e l’altro, rischiando spesso di perdere il filo del discorso.
E quindi veniamo al dunque.
“Pierrot Gourmand” è una fortunata scoperta di qualche giorno fa. E’ un busto in gesso dipinto alto circa 23 centimetri, e quando l’ho visto sono rimasta colpita dai colori, dal blu e dall’oro, e da quella grafica vintage che ricorda tanto i vecchi manifesti del circo, le lettere cubitali con cui si annunciavano le attrazioni e i fenomeni in arrivo in città, ma non ho realizzato subito a che cosa servissero quei piccoli fori disposti a raggiera sui lati, e quando l’ho capito mi sono entusiasmata ancora di più. Pierrot Gourmand viene dalla Francia, ed è un classico espositore di lecca lecca, di quelli che si potevano trovare sui banchi delle drogherie o dei vecchi negozi di dolciumi, magari proprio vicino alla cassa. In Italia non ne avevo mai visti, ma l’idea dell’espositore di caramelle mi ha subito fatto fare un balzo indietro verso l’infanzia e quindi mi sono messa in moto per rifornire il piccolo Pierrot di lecca lecca: non quelli moderni che si trovano in ogni supermercato, ma qualcosa che avesse l’aspetto e i colori che ricordavo da bambina. Sono stata fortunata, perché ho trovato esattamente quello che cercavo! Lecca lecca rotondi e schiacciati, con il bordo a righe e il disegno al centro, il tutto a colori sgargianti… li ricordate anche voi? Non sono sicura che siano il massimo per un’alimentazione sana – devono essere zeppi di coloranti 😆 – ma per l’effetto estetico e per il viaggio a ritroso nel tempo credo che si possa chiudere un occhio 😄
Il mio Pierrot Gourmand, testimone di un passato di bimbi felici con il loro bastoncino di zucchero colorato da succhiare, ma anche di bizze e pianti per essere accontentati, è in vendita con tutto il suo carico di lecca lecca a € 70,00 + s.p., e come al solito vi basta scrivermi per avere qualsiasi altra informazione vi possa essere utile!
Un abbraccio a tutti, buon fine settimana, vi aspetto venerdì con un’altra storia… vita permettendo! 😅

TRE RITRATTI E L’ENNESIMO MISTEROPrima di introdurvi alla storia di oggi metto subito le mani avanti per dichiarare senz...
15/09/2023

TRE RITRATTI E L’ENNESIMO MISTERO

Prima di introdurvi alla storia di oggi metto subito le mani avanti per dichiarare senza pudore che di pittura ne so il giusto, più o meno quello che ho imparato visitando le mostre e i musei come tutti voi. Non essendo supportata da una conoscenza approfondita, quando vado in qualche casa con i quadri finisco per regolarmi come con tutto il resto: seguo il filo dell’immaginazione e della curiosità comprando quello che mi piace, senza badare a firme e quotazioni. L’approfondimento, casomai, arriverà in seguito.
I tre ritratti ad acquarello che vi presento oggi mi hanno colpito fin da subito. Erano appesi in un piccolo salotto insieme ad altri quadretti e stampe, tutti di gusto, ma da nessuno sprigionava altrettanta suggestione, nessuno esercitava su di me la stessa attrazione quasi magnetica. Li ho comprati d’istinto e me li sono portati a casa, e solo dopo ho cominciato a guardarli da vicino.
Cominciamo dal soggetto: si tratta di una giovane donna e di due ragazzini, tutti chiaramente in posa per farsi ritrarre dal pittore. Sì, perché di questo sono sicura: la mano è quella di un professionista e non di un dilettante. L’acquarello è una tecnica complessa che non ammette indecisioni, e la persona che ha realizzato questi ritratti la padroneggia con maestria. La donna indossa quello che sembra un pesante cappotto nero su un abito rosa acceso – o rosso sbiadito, se si vuole – , non sfoggia gioielli e ostenta con la sicurezza della gioventù una bella chioma di riccioli un po’ spettinati. La sua non è certo una mise elegante, e suggerisce un ritratto familiare o in presa diretta, senza alcuna pretesa di ufficialità. Quello che più colpisce, però, è l’espressione di enigmatica, pacata indifferenza che aleggia sul volto della donna, e non è certo un caso che il pittore abbia intitolato quest’acquarello “Gioconda”. Gioconda sorride e non si svela, è una giovane Gioconda popolare che trattiene il suo segreto, e probabilmente non sapremo mai chi è, né conosceremo il nome del pittore che l’ha ritratta. Già, perché non ci sono firme su nessuno dei tre acquarelli, ma solo piccoli indizi disseminati qua e là, come le briciole sul cammino di Pollicino. In alto a destra, sul ritratto di Gioconda, leggiamo ancora la data – 21 novembre 1939 – e quattro lettere misteriose, alle quali non sono riuscita a dare un significato: AMSD.

Passiamo al secondo ritratto, quello che personalmente amo di più. Un ragazzino di una decina d’anni ci fissa di sbieco con un’espressione seria, adulta, quasi feroce. Qui non c’è l’imperturbabilità di Gioconda, ma una sorta di consapevolezza precoce della vita esplicitata anche dall’oggetto che tiene in mano: un enorme paiolo che si intuisce pesante mostrato come se fosse un mappamondo, un globo terrestre, l’immagine di un destino ineluttabile. Anche di questo ragazzino lontano nel tempo sappiamo e sapremo poco più di quello che possiamo immaginare: la scritta che si legge alla sua destra, “Vico Ravenna”, potrebbe essere un nome di battesimo, ma anche un luogo o una via. Io propendo per la terza ipotesi. Immagino che Vico Ravenna fosse un vicolo, una strada popolare dove in pieno tempo di guerra – il ritratto è stato fatto nel 1942 – i ragazzi di famiglie povere contribuissero a sbarcare il lunario lavorando come adulti, portando pesi, sbrigando faccende o magari, come in questo caso, aiutando un calderaio a fabbricare pentole, paioli e recipienti di ogni tipo. Il ragazzino è magro, pallido, con le ginocchia ossute, ma non ancora sconfitto: la solenne fierezza che si legge nel suo sguardo attraversa gli anni che ormai sono quasi un secolo, e non può non arrivarci dritto al cuore. Anche in questo ritratto, bellissimo e intenso, il nostro pittore ha seminato qualche indizio sulla sua identità: di nuovo quattro lettere, ma questa volta MTFM. Niente a che vedere con le quattro lettere che si leggono sull’acquarello che ritrae Gioconda.

E adesso veniamo all’ultimo ritratto, il più piccolo e quello che sembrava il più promettente al fine di risolvere il mistero. Si tratta di un altro ragazzino, probabilmente di età inferiore al primo, che negli occhi chiari e nell’espressione un po’ ingenua conserva ancora un certo residuo d’innocenza. Eppure credo che la vita non sia stata clemente neanche con lui. Il nome che il pittore gli ha dato, “Il bagascio”, siamo abituati a sentirlo declinare al femminile nell’accezione di pr******ta o donna di strada, ma in origine aveva il significato senz’altro meno offensivo di “servente”. Il bagascio quindi è un ragazzino che offre servizi d’ogni genere, e nel ritratto lo vediamo intento a portare due oggetti circolari appoggiati sulle sp***e. Di cosa si tratta? Forme di pane, ruote, pesanti gomene? In fondo non ha importanza, perché anche in questo caso tutto il ritratto si concentra nello sguardo trasparente di un bambino adulto con un soprannome che mai, in nessun caso gli dovrebbe appartenere. Non c’è data, in questo acquarello, e non ci sono lettere misteriose, ma lassù in alto, sull’estremo margine destro del foglio, si intravede una scritta che questa volta davvero potrebbe essere la firma dell’autore… peccato che il foglio sia stato tagliato proprio lì, dove ci serviva per capire, e non c’è modo di decifrare quel poco che resta.
E’ un caso, certo, ma in fondo chi lo sa? Il pittore che ci ha donato questi tre splendidi ritratti non ha voluto che i loro nomi passassero alla storia, non era quello il suo scopo. Con il tratto sicuro dei suoi acquarelli, folgoranti come istantanee, io credo che volesse cogliere attimi universali: l’intima sicurezza della gioventù, la fierezza e l’innocenza contrapposti alle asperità della vita e del destino, il tutto immerso in un anonimato collettivo nel quale ci si può rispecchiare. Tre ritratti anonimi così come il loro autore, tre doni del passato che si devono apprezzare solo per quello che sono, senza firma, senza attribuzioni, senza quotazioni o risultati d’asta, per ciò che dicono al nostro gusto, al nostro spirito e al nostro cuore.

Buon fine settimana a tutti, cari amici, resto a vostra disposizione come sempre per ogni informazione, vi abbraccio e vi do appuntamento al prossimo venerdì per un’altra storia!

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Via Dei Fossi, 7r
Florence
50123

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Martedì 10:00 - 19:00
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NUOVI ARRIVI… A TEMA

Per qualche motivo che non mi è particolarmente chiaro, per noi l’estate è la stagione degli acquisti. Sarà una conseguenza delle pulizie di primavera o di un desiderio diffuso di fare ordine, ma fatto sta che le chiamate in soccorso da parte di persone che hanno bisogno di essere alleggerite del superfluo si susseguono, e noi ci troviamo a visitare anche due case alla settimana. Tanti sono gli oggetti che si accumulano in negozio in questo periodo che ho pensato di presentarvene alcuni a tema, dedicandoli agli amanti degli animali… non necessariamente in carne ed ossa! Come vedete il panorama è vasto: si spazia dai deliziosi conigli e al girotondo di gufi in ceramica di Montelupo ai poggiaposate a forma di anatra in porcellana dorata, dai fermalibri a forma di elefante, già con la loro vecchia patina, all’ingenuo secchiello in latta con gli uccellini appoggiati sul bordo, un piccolo oggetto che mi piace moltissimo. Ho lasciato per ultima la coppia di conigli in fusione non certo perché mi piacciano di meno – anzi 😄 – ma perché meritano qualche parola in più: sono belli, originali e versatili, possono essere usati come portacandela – o porta quello che vi pare 😆 – ma anche come fermalibri, perché sono abbastanza pesanti. Vi confesso che avrei potuto continuare con la carrellata di foto “animalesche”, ma il tempo in questo periodo è davvero tiranno: sono appena rientrata da una visita in una casa privata e domenica me ne attende un’altra, se si continua di questo passo non so come farò ad arrivare a settembre e a tenervi aggiornati 😂😂. Spero comunque di avervi incuriosito abbastanza da invogliarvi a farmi una visita, e ne approfitto come al solito per augurarvi un buon fine settimana… rilassatevi se potete, che ce n’è bisogno! 😅
UN VERO POST DI STAGIONE! 😂😂😂

Sto scherzando, ma fino a un certo punto… perché sembra incredibile, ma mi succede con una certa frequenza di trovare addobbi di Natale in piena estate. Lo sanno i miei amici, ai quali è successo spesso di ve**re a casa mia in questa stagione e di trovarla invasa da personaggi del presepe e p***e in vetro in attesa di essere catalogate e prezzate. Comunque sono contenta e tiro un respiro di sollievo, soprattutto per le p***e, che sono sempre più difficili da scovare: con qualche centinaio di pezzi belli e vecchi come dico io sono sicura che non deluderò tutti gli appassionati che a Natale vengono in negozio a cercare qualche palla speciale da aggiungere alla loro collezione. E a questo proposito, ve lo dico sin da subito: niente di quello che vedete in fotografia – ma c’è molto, molto altro – sarà disponibile prima della metà di novembre, quando inaugureremo la nostra tradizionale Christmas Sale… ci tengo ad arrivarci sfolgorante e piena di novità!
Sperando di avervi sollevato un po’ dall’afa con questa ventata di inverno, vi saluto e vi abbraccio tutti, augurandovi uno splendido fine settimana 🌞🌞
Come vi ho già detto altre volte, per mia fortuna – e anche un po’ vostra - il novanta per cento degli oggetti del mio negozio provengono da case private. La fortuna è reciproca perché questo mi permette di avere un ricambio costante e rapido, di esporre oggetti di prima mano e anche di contenere ragionevolmente i prezzi. Il fatto di avere la possibilità di entrare in tante case, però, non significa che anch’io non subisca il fascino dei mercati, specialmente quando si tratta di fiere abbastanza grandi, che richiamano ricercatori da mezza Italia. Per questo motivo, quando i vari impegni me lo permettono, cerco sempre di fare un salto al déballage di Bologna. Per i tanti non addetti ai lavori che potrebbero non saperlo, spiego brevemente che cos’è un déballage: si tratta di una sorta di mercato volante che si svolge in poche ore – non più di tre o quattro –, spesso in un grande parcheggio, durante il quale gli espositori vendono la merce appena scaricata dai furgoni. Velocità, nessun allestimento, poche spese e poche perdite di tempo: e così tutti sono contenti, clienti e venditori. Quando vado ai mercati, o ai déballages, io cerco le cose speciali. Nelle case trovo argenti, bigiotteria, ceramiche e porcellane: dai mercati voglio le cose curiose, inusuali, divertenti, che rendano le mie vetrine più movimentate. Come la lanterna magica, ad esempio: un giocattolo dei primi del ‘900 raro e sofisticato, ancora con la sua bellissima scatola e completo di tutti gli accessori. Come la gabbia decorata con tante palline di legno colorate che qualcuno ha costruito per Vanessa, bambina o ragazza fortunata! Ma anche la gabbia a castello più rustica di un bellissimo verde delavato ha il suo fascino, e i galletti a grandezza naturale che sembrano dipinti da un bambino sono buffi e divertenti in un giardino come in una cucina. E cambiando completamente genere, non ho potuto resistere al richiamo d’altri tempi della cappelliera, dei cappellini anni ’50 e delle collane multicolori estive e allegre… perché il bello dei mercati è proprio questo, la varietà e il piacere di scovare nel mucchio l’oggetto speciale che fa proprio per te.
Un abbraccio a tutti, buon fine settimana!
CHE FINE HANNO FATTO?

E’ da un po’ di tempo che non vi parlo di “che fine hanno fatto” gli oggetti che ho venduto? Sì, vero? Beh, allora oggi credo che vi stupirò, perché mi sono stupita io per prima! Se qualcuno si è chiesto perché nel mio negozio non si trova MAI un vetro di Empoli, ecco la risposta: li ha comprati tutti Luca Berni! Qualche giorno fa Luca e suo marito Stefano mi hanno ospitato nella loro bella casa di Bologna e lì, proprio all’ingresso, sopra una libreria naturalmente piena zeppa di libri, ho finalmente potuto ammirarli tutti insieme. In realtà non sono proprio tutti, perché qualche pezzo molto grande ha dovuto per forza di cose trovare posto altrove, ma anche così devo ammettere che il colpo d’occhio è molto suggestivo, e mi fa piacere condividerlo con voi. E poi, dal momento che ci sembrava che non ce ne fossero abbastanza 😆, abbiamo anche pensato bene di aggiungere due pezzi alla collezione: un delizioso piccolo vaso a spirale e una bella brocca, particolarmente rara perché accosta al verde classico di Empoli il piede e il ma**co blu scuro. Quindi, tirando le somme, mi sembra davvero che i miei vetri di Empoli non potessero fare una fine migliore: in una bella casa accogliente, piena di libri, di dischi e di oggetti come piace a me e con due amici affezionati, adorabili e divertenti come Luca e Stefano!
P.S. Cannolo e il nuovo arrivato Leo non sono di vetro, ma sono troppo carini per lasciarli fuori dal post! ❤️
Due giorni in giro per la Toscana, dalle colline del Chianti alla costa livornese, passando attraverso San Vincenzo, Rosignano e Castiglioncello… due giorni di carica e scarica, contratta, chiacchiera, visita, cercando di individuare gli oggetti più interessanti, quelli che hanno una marcia in più e sono adatti per il negozio, e soprattutto due giorni in macchina arrabbiandosi con il navigatore, contando le uscite alle rotonde – le sbaglio sempre 😂😂 – e maledicendo gli immancabili lavori sulla FI PI LI. Anche se mio malgrado devo ammettere di non avere più l’energia di un tempo – sono tornata a casa lunedì sera che mi sentivo uno straccio, senza nemmeno l’energia di mettere su una pasta al b***o, sia benedetto Glovo 😅 – mi sono divertita un mondo. E’ stato bello - ed è sempre bello – conoscere persone nuove e rivedere vecchi amici, entrare in case note o sconosciute, nelle vite degli altri, in soffitte immense dove scorrazzano le rondini e in giardini in gloriosa fioritura, tenuti con cura commovente. Lo ritengo un grande privilegio del mio lavoro: la gente ti apre casa e condivide con te un pezzo della sua vita, e questo finisce per creare spesso dei momenti di intimità imprevisti e coinvolgenti.
Quello che vedete in foto è solo un assaggio di questi due giorni di acquisti, perché il bello viene adesso: bisogna pulire, lucidare, prezzare e trovare un posto ad ogni singolo oggetto, e chi conosce il mio negozio sa che soprattutto quest’ultima parte può essere veramente un’impresa 😉 Ma nonostante questo, nonostante la fatica, gli ingorghi sulla superstrada e le giornate da Cenerentola a strusciare argento (Giovanni Carducci, lo sai che ti sto pensando… 😉😘) , io sarei pronta a ripartire domani… e lo farò! Difatti la settimana prossima sarò a Bologna, e mi auguro di tornare con la macchina carica di tesori… un abbraccio a tutti, buon fine settimana!
Va bene, oggi cambiamo decisamente argomento! Il motivo principale è che mi piace condividere con voi tutto quello che mi piace – e il gioco di parole è voluto - , il secondo è che personalmente adoro vedere il “prima e dopo”. Perché, come ho già scritto ieri, a volte basta decisamente poco a tirar fuori la bellezza da un oggetto e a recuperarne la storia: l’importante è coglierne la potenzialità e agire senza calcare la mano, facendo solo l’essenziale. E quindi, avranno pazienza quelli tra voi che non le apprezzano, ma oggi si parlerà di bambole: in particolare di una bambolina francese in cartapesta e composizione davvero molto giocata, che poteva sembrare irrecuperabile. Nuda e pelata, non faceva certo un bell’effetto - anche perché i corpi di questo genere di bambole sono sempre piuttosto rudimentali - ma il problema più urgente da risolvere era naturalmente quello dei capelli. Io non sono certo una restauratrice, però un po’ di pratica l’ho fatta e arrangiarmi mi piace, e quindi stavolta ho deciso di mettermi all’opera da sola. Frugando tra le scatole nelle quali accumulo tutti i pezzi che mi possono servire, ho trovato una vecchia parrucca di mohair inservibile per una bambola più grande, ma che poteva essere ben adattata alla sua dimensione. I vari passaggi li potete vedere in foto e sono abbastanza comici, ma il risultato finale mi sembra piuttosto soddisfacente, anche perché ho potuto usare materiale antico, evitando parrucche nuove e materiali sintetici. Per il vestito ho cercato di fare la stessa operazione: ho una scorta di vestiti di tutte le taglie e le epoche, e quando posso cerco di utilizzarli… altrimenti li cucio da sola, arrangiandomi anche lì 😆. Ho avuto fortuna e ho trovato l’abito perfetto per misura e stile… la bambola sembra un’altra, e io mi sono molto divertita!
Comprare, vendere, sistemare, scegliere e collezionare bambole e vecchi giocattoli è ormai diventato il mio “secondo lavoro”, poco redditizio – come spesso succede quando c’è di mezzo la passione – ma molto appagante… per una volta ho voluto farvene partecipi! Se poi avete voglia di sbirciare qualcosa di più, vi consiglio di dare un’occhiata alla mia seconda pagina “Storie di giocattoli per collezionisti emotivi”, che trovate a questo link:

Per questa settimana è tutto, ma dalla prossima aspettatevi molte novità: ho in programma una due giorni di acquisti, chissà cosa ne verrà fuori? Un abbraccio a tutti, ci sentiamo venerdì prossimo!
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